Tra gli autori a cui mi sono ispirato, per sviluppare il percorso di scrittura che oggi sto cercando di proseguire, c’è il talentuoso e prolifico Robin Wood. È conosciuto in Italia per una produzione, come sceneggiatore e soggettista, in buona parte uscita sotto l’etichetta della casa editrice romana Eura Editoriale, specializzata nella proposta di fumetti di matrice europea e sudamericana. Dalla sua penna sono nati gli eccellenti Nippur di Lagash, Martin Hel, Gilgamesh, Amanda e, soprattutto, Dago: lo schiavo veneziano diventato rinnegato e seguito, negli ultimi vent’anni, da un pubblico vastissimo.
Tra le numerose stelle di questo autore, voglio però ricordare Helena: una giornalista medio borghese, che vive a Buenos Aires, protagonista di storie cariche di una spiccata umanità e capaci di spaziare nei generi più diversi; rosa, giallo, dramma. Helena diventa un vero e proprio cult. Amatissima tra i lettori e capace di offrire storie indimenticabili, impreziosita dal tratto plastico ed elegante di Ernesto Garcia Seijas. Il successo del serial è tale da convincere mediaset a dedicarle una fiction televisiva con protagonista l’affascinante Paola Onofri. Quando decisi di ideare un nuovo personaggio per il mio laboratorio di scrittura, non potei evitare di confrontarmi con Robin Wood, un autentico maestro nella caratterizzazione delle figure femminili, rammentando proprio la sua meravigliosa giornalista/scrittrice/corrispondente di guerra. Volevo prendere spunto da una figura che era riuscita a tenermi incatenato, per anni, alle sue pagine. Al tempo stesso, c’era per me la necessità di omaggiare le donne che ho incontrato nell’arco degli anni. Per dare voce a una protagonista è inevitabile immergersi nel proprio vissuto. C’è chi sostiene che uno scrittore sia essenzialmente un ladro: ruba le emozioni e i sentimenti, il carattere e i sogni, per adattarli alle esigenze della tastiera. Del resto sarebbe impossibile rendere credibile qualcosa senza fare i conti con gli aspetti che identificano la persona. Occorre ago e filo per tessere una trama, pazienza e intuizione per sperare di creare interesse nel lettore. Flash è nata proprio così. Prende il nome da una parte del suo strumento di lavoro: la macchina fotografica. La ragazza, una quarantenne italiana, svolge l’attività di fotografa freelance.
Nica – vero nome del personaggio – si muove sullo sfondo dell’esistenza dei comprimari che la circondano. A volte contribuendo in maniera decisiva alle vicende che li vedono coinvolti, in altre occasioni limitandosi a spettatrice. Flash racconta e, soprattutto, si racconta: con amarezza, con passione, persino originando il primo crossover tra i miei personaggi e in quei modi che la dipingono come una giovane donna a tutto tondo. Nata nel 2010 e giunta alla quarta stagione, formata da brevi episodi autoconclusivi che puoi leggere QUI, Nica intrattiene il lettore rivolgendosi a lui in prima persona, in una sorta di diario personale. Un io narrante al femminile in cui mi sono cimentato per la prima volta, tentando di vedere e sentire attraverso la sua personalità, ricca di sfaccettature. Ho anche provato a darle un vero volto, scegliendo per lei la semplicità e la profondità di una Sandra Bullock in grado di spaziare dalla commedia, all’avventura, al giallo, con la stessa medesima efficacia. Descrivere le gesta di Flash, così immersa nel quotidiano, è però arma a doppio taglio. Si rischia sempre di idealizzarla nella persona che vorremmo conoscere o, persino, in una che conosciamo. È accaduto anche al grande Robin Wood con Helena. Lo scrittore ha affermato di averla davvero incontrata, nel corso di un’intervista pubblicata qualche anno fa. Stando alle indiscrezioni, la donna a cui si sarebbe ispirato per dar vita alla giornalista argentina è Helena Goňi: la stessa persona responsabile dell’intervista all’autore.
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