L’amarezza, le delusioni, le difficoltà legate alla mancanza di una qualsiasi stabilità nel tentativo di sbarcare il lunario, lo hanno portato, disperato, sull’orlo del suicidio. Quante volte hai sentito ripetere frasi simili? L’attualità è fin troppo generosa nell’offrirci quadri impietosi come questo. Specie oggi, a causa della crisi e di un tam tam mediatico che non ha precedenti. La disperazione è sempre stata una delle subdole compagnie dell’uomo. Non solo nel ventunesimo secolo. Edgar Rice Burroughs ci è passato, uscendone per un soffio, nel 1912. Aveva appena consegnato, a un editore americano, un romanzo fantascientifico: Sotto le lune di Marte.
Talmente sfiduciato da una lunga serie di insuccessi, firmò il libro con lo pseudonimo di Normal Bean – tradotto: Tipo Qualsiasi. – Il romanzo, che narra le avventure, ambientate sul pianeta Marte, del capitano terrestre John Carter, è serializzato in sei puntate. Stupisce tutti: editore, lettori e, persino, lo stesso Burroughs, con un successo fulminante. John Carter di Marte, di recente proposto in versione cinematografica dalla Disney, prosegue la sua corsa editoriale inedita fino al 1943. La sua nascita, pur stravolgendo e riscattando vita e carriera dello scrittore, impallidisce due anni più tardi. Sulle pagine della rivista All-Story arriva la svolta storica: nasce un icona dell’immaginario collettivo, capace di affrontare, indenne, un intero secolo di avventure; Tarzan delle Scimmie.
Sia per quanto riguarda il capitano sul pianeta rosso, e sia per quanto riguarda l’uomo tra le scimmie, due sono gli ingredienti fondamentali: la sapiente caratterizzazione del mondo circostante – Marte nel primo caso e la giungla nel secondo – e una forte matrice esotico avventurosa.
L’ambientazione risulta quindi determinante nei confronti della trama, poiché trasmette al lettore le coordinate per capire dove muoversi. È una sorta di bussola, senza la quale chi legge rischia di naufragare in un mare sconosciuto, non approdando mai a nessuna spiaggia. Per l’autore, nativo di Chicago, responsabile di due ambientazioni tanto diverse quanto accattivanti, è l’inizio di un periodo incredibile che lo afferma, tra gli anni venti e trenta, come uno dei più amati scrittori di fantascienza e avventura al mondo. Pubblicherà oltre settanta libri in duecento milioni di copie, fondando una propria casa editrice. Due città, in California e Texas, sono battezzate come Tarzana e Tarzan. Quell’uomo, arrivato a un passo dal suicidio, ha lasciato in eredità ai propri figli dieci milioni di dollari e i diritti dei personaggi che gli sono sopravvissuti – Tarzan è uscito proprio in questo mese di marzo nella sua nuova versione animata –. Edgar Rice Burroughs non si è salvato da una triste fine per merito di un colpo di fortuna, lo ha fatto grazie a quello che era: un uomo con un sogno. Se John Carter di Marte non fosse stata una lettura valida, il pubblico non lo avrebbe mai premiato e, di certo, non per tutti gli undici volumi che compongono la sua saga fantastica. Oltre alle opere, Burroughs ha lasciato un pensiero significativo: “Io scrivo per evadere. Per evadere dalla povertà”.
L’ambientazione risulta quindi determinante nei confronti della trama, poiché trasmette al lettore le coordinate per capire dove muoversi. È una sorta di bussola, senza la quale chi legge rischia di naufragare in un mare sconosciuto, non approdando mai a nessuna spiaggia. Per l’autore, nativo di Chicago, responsabile di due ambientazioni tanto diverse quanto accattivanti, è l’inizio di un periodo incredibile che lo afferma, tra gli anni venti e trenta, come uno dei più amati scrittori di fantascienza e avventura al mondo. Pubblicherà oltre settanta libri in duecento milioni di copie, fondando una propria casa editrice. Due città, in California e Texas, sono battezzate come Tarzana e Tarzan. Quell’uomo, arrivato a un passo dal suicidio, ha lasciato in eredità ai propri figli dieci milioni di dollari e i diritti dei personaggi che gli sono sopravvissuti – Tarzan è uscito proprio in questo mese di marzo nella sua nuova versione animata –. Edgar Rice Burroughs non si è salvato da una triste fine per merito di un colpo di fortuna, lo ha fatto grazie a quello che era: un uomo con un sogno. Se John Carter di Marte non fosse stata una lettura valida, il pubblico non lo avrebbe mai premiato e, di certo, non per tutti gli undici volumi che compongono la sua saga fantastica. Oltre alle opere, Burroughs ha lasciato un pensiero significativo: “Io scrivo per evadere. Per evadere dalla povertà”.
Fammi conoscere le tue opinioni lasciandomi un commento QUI.
2 commenti:
Ecco, ci sono venuta, in questo tuo spazio "ufficiale" ..:-)
Da alcuni anni, grazie ad un amico, mi sono avvicinata alla fantascienza che non conoscevo e quindi apprezzavo minimamente, prima.
Ho letto poco, rispetto alla massa di libri "mangiati" finora, ma su una cosa concordo assolutamente:La fantascienza è un modo per fuggire da un mondo che non ci piace, sia perchè povero materialemente sia perchè spiritualmente.
@So.Se
Benvenuta nel mio spazio "ufficiale".
;-)
Certo, la fantascienza è un modo per fuggire dalla realtà sgradita.
Ho però riletto, proprio ieri sera, la tesi di uno dei miei autori preferiti in assoluto: Terry Brooks.
Nel suo trattato A VOLTE LA MAGIA FUNZIONA, al primo capitolo intitolato NON CI SONO CON LA TESTA (titolo perfetto, direi, da attribuire allo scrittore per antonomasia), lui esprime il concetto sulla funzione della scrittura: entrare nel mondo immaginario per trovare delle risposte in ciò che conosciamo e potrebbe essere, ma che non è ancora stato.
A presto!
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