Arriva un invito a una serata di gala e, sul medesimo, è richiesto l’abito adatto: come ci si comporta? Abbastanza semplice, immagino, perché come cita un vecchio proverbio: l’abito non fa il monaco. Il Manzoni, responsabile della frase pronunciata dal Conte zio nel suo I promessi sposi, si riferisce all’inganno che certe apparenze possono comportare nel giudicare una persona a prima vista. Anche un libro può ingannare. Se ci si ferma alla copertina e il grafico è molto abile, potremmo restare delusi dal contenuto. Di contro, una brutta copertina, poco rappresentativa, potrebbe rendere vano lo sforzo dell’autore del manoscritto e fargli perdere l’attenzione del lettore. Ho letto libri con un buon testo – talvolta inferiore, altre volte superiore alla qualità della grafica – e con un’immagine di copertina completamente estranea alle tematiche interne: mi è successo con un fantasy, che aveva sulla cover un cavaliere templare mai menzionato, neppure per errore, dall’autore.
Un titolo mi ha invece catturato proprio per la sua copertina, dove capeggiava il viso di una ragazza dallo sguardo profondo. Con molti anni di esperienza sulle spalle, un collega grafico mi disse che la copertina dovrebbe essere l’ultimo elemento da pensare per un libro. Io non sono d’accordo. Nel mio caso, spesso, l’immagine che presenta il manoscritto è la prima componente del lavoro: ispira la stesura dello stesso, rappresenta un punto fermo nelle vicende da narrare ed è persino un conforto quando, durante la scrittura, qualche complicato passaggio mi mette a dura prova rischiando di farmi smarrire la strada. La cover, sotto certi aspetti, è per me una sorta di placebo: non permette di superare gli ostacoli, ma dona un benessere psicologico significativo.
Per ottenerne una ci sono pochi fondamentali suggerimenti, riassumibili in uno: rivolgersi a un grafico professionista, meglio se specializzato nella loro realizzazione o che abbia almeno un minimo di portfolio da poter visionare, in modo da comprendere meglio il suo stile – io ho un debole per le grafiche dark fantasy, con tendenza al paranormal romance, e lavorare su un soggetto come Red Riding Hood – Cappuccetto rosso sangue, ad esempio, stimolerebbe senza dubbio l’ispirazione e soddisferebbe il mio gusto, per simbologie e contrasti. Lauren Kate, scrittrice nota per la saga Fallen, si giova di copertine che apprezzo molto, perché sintetizzano buona parte degli elementi grafici che gradirei inserire e vedere nelle grafiche editoriali di genere. La maggior parte del lavoro è svolto attraverso il computer e programmi molto costosi, come Photoshop, leader nel settore, oppure con alternative gratuite, come il sempre più diffuso Gimp. Gli applicativi restano comunque lo strumento, il martello del fabbro, ma senza l’artigiano, e la sua bravura nel maneggiarlo, i risultati non potranno mai raggiungere livelli qualitativi elevati. Il lettore tuttavia tende a non attribuire alla cover un’importanza fondamentale nella scelta del libro, ed è corretto: la sua natura lo spinge verso il testo, la parola scritta, e sarà quest’ultima, nell’incipit e nella trama, a catturarlo o meno. Ma senza una buona immagine a presentazione dell’opera, potrebbe non concedere alla stessa nemmeno un’occhiata. Perciò se non è l’abito a fare il monaco, è anche vero che un monaco senza il suo abito sarebbe persino ridicolo.
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