Ciò che caratterizza le grandi passioni è l’immensità degli ostacoli da superare e l’oscura incertezza dell’evento, avrebbe detto Stendhal, scrittore francese ricordato, tra le altre cose, per La Certosa di Parma. Non mi è noto a quali ostacoli lui facesse riferimento, ma sono convinto che anche nel suo secolo – il diciannovesimo – la scrittura non ricevesse i favori che, gli sforzi di un autore, meriterebbero. Sono certo che, all’epoca, l’editoria indipendente – intesa come scrittore singolo che produce autonomamente la propria opera – non fosse conosciuta e divulgata in grandi numeri, ma che riguardasse pochi intraprendenti aspiranti romanzieri, disposti ad un impegno economico significativo. Oggi, come ben è consapevole chi bazzica il mondo editoriale, il fenomeno indipendente è diffuso: sono migliaia gli autori, di ambo i sessi, alla ricerca di una chimerica affermazione.
Se da una parte l’avvento del digitale ha permesso una libertà di parola impensabile prima, dall’altra parte ha incentivato la proliferazione di opere prive della cura necessaria che ne giustifica una pubblicazione. La buona riuscita di un libro richiede un insieme imprescindibile di elementi: ne bastano alcuni – una pessima copertina, un brutto titolo, una carente ortografia, incongruenze nel testo ecc. – per rendere l’opera un castello di sabbia. A ciò vanno aggiunte le prese di posizione da parte degli addetti ai lavori – case editrici, alcune librerie brandizzate, editor ecc. – che vedono nell’editoria indipendente, e nei suoi autori, un nemico da ostacolare con ogni mezzo.
Recentemente ho creato una campagna promozionale offline per la mia opera più recente, L’amore ferisce, ed ho sbattuto contro i paletti eretti per boicottare la diffusione dei libri svincolati dalle tortuose politiche editoriali. Online la questione è ben diversa, come differenti sono le barriere: mi scontro con altri autori indipendenti, spesso autrici – perché nonostante i luoghi comuni, le donne sanno creare fronti compatti, consorzi e cooperative mirati a spingere le pubblicazioni di matrice femminile – e la visibilità, che determina la divulgazione o meno di un libro, diventa una questione di abilità e, soprattutto, di associazioni. Offline ci si scontra invece con l’editoria cartacea, con il classico libro venduto sugli scaffali di librerie e supermercati. Molte librerie brandizzate con, sull’insegna, il nome di qualche grosso editore, rifiutano qualsiasi tipo di promozione cartacea – segnalibro, cartoline, volantini ecc. – atta a presentare un libro indipendente. E, in questo, si potrebbe notare una stranezza di fondo, considerando l’elevato numero di case editrici che passano attraverso i loro punti vendita. In pratica, se non sei un autore raccomandato, se non sei supportato da un editore conosciuto, in libreria entri difficilmente. E con simili presupposti è abbastanza chiaro comprendere l’impossibilità di un’affermazione a livello di vendite. Per fortuna, come dice Stendhal, ostacoli e oscure incertezze sono legati a grandi passioni. E quando c’è trasporto, la volontà di abbattere le barriere rimane alta, pari ai colpi di un ariete contro una palizzata: prima o poi dovrà cadere. Così, dopo un numero elevato di rifiuti, posso permettermi di ringraziare sette importanti librerie che hanno dato fiducia a L’amore ferisce e al materiale promozionale stampato per farlo conoscere ai clienti lettori. Da pochi giorni, segnalibro e cartoline sono a disposizione di chi avrà la fortuna di entrare in uno dei sette diversi punti vendita: a Trento, ad Asiago, a Verona, a Peschiera Borromeo, a Ferrara, a Milano, a Treviso. Grazie a Simone, a Paola, a Sonia, a Giusi, ad Anna, a Luisa, a Franco: disponibili e gentilissimi librai che hanno creduto nel mio lavoro e mi stanno aiutando con la divulgazione di L’amore ferisce.
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